Il caro e vecchio direttore Linguetta è sempre fra noi.
Nel misero palcoscenico locale, fra amministratori che disconoscono il codice civile, garanti della legittimità in vacanza e consiglieri che votano tutto e tutti di comune accordo, non può passare inosservato il comportamento altamente professionale della stampa di noialtri, che scimmiottando la faziosità nazionale, ne riesce a fare un modello di partigianeria da far invidia ai giornali delle tifoserie calcistiche.
Il modello in uso è o l’elogio sperticato per il tal personaggio di potere o il suo linciaggio. Non c’è via di mezzo, come è d’uopo fra, appunto, tifoserie da curva nord o sud poco conta.
Lo schema tipo è più o meno quello di scegliere un eroe o un cavallo da battaglia e cavalcarlo indomiti, raccontandone in maniera più o meno romanzata le gesta, ovvero prendere di mira qualcuno e contargli ogni forma di peluria in maniera analitica. Ovvero tacere notizie più o meno scandalose se riguardano il proprio eroe.
Hurrà Juventus non saprebbe fare uguale, ma, mentre quest’ultimo periodico quantomeno non si espone eccessivamente contro gli avversari, la nostra stampa si comporta come usa fare la curva più esaltata nei confronti dell’avversario in una partita stracittadina.
Non si difende un’idea, come provano a fare i giornali nazionali, ma la persona o il gruppo di persone, con la conseguenza che mentre è difficile tradire un’idea, molto più facile cambiare eroe, anche strada facendo.
Quindi, negli anni, abbiamo visto cantare le gesta per tizio, scodinzolare per caio e poi cantare le corna di tizio e bastonare caio come in una quadriglia infinita.
Ora servire una idea è qualcosa di nobile, servire un padrone no, e questo nel proprio privato. Ma servire un padrone pubblicamente con l’intento di fare campagna elettorale o proseliti ovvero sottrarne agli avversari, o ancora tanto altro, perseguendo non il fine primario del giornalismo, ma fini di bottega o di parte o di gruppo, è tipico di sistemi arcaici, quando, appunto, non esistevano le idee, ma le lotte di potere e basta. Ah!, già, proprio come ora.
Le interviste vietate ai diabetici, quelle zuccherine nelle quali le domande sono retoriche e mai provocatorie, ormai sono la regola, ma fanno davvero male alla salute e dovrebbero portare l’avvertimento come sui pacchetti di sigarette e soprattutto sono poco rispettose dell’intelligenza del lettore o dello spettatore, ma in un mondo ormai acritico e popolato da tifoserie, dove gli essere pensanti vivono nelle gabbie delle loro case, sono la normalità, purtroppo. E questa è una regressione intellettuale spaventosa. Nel periodo fascista le intelligenze traboccavano e producevano idee anche a costo di perdere la vita o la libertà; in questa democrazia le intelligenze spaventate dalla mediocrità interessata e prepotente, assolutamente maggioritaria, rinculano per non patire la fame, reale o psicologica, che si manifesta con l’isolamento.
Mancano ancora gli eroi pronti a sacrificarsi e questo perchè la democrazia spezza le gambe e le ali ben più scientificamente delle dittature, talchè, consci dei livelli separati di chi deve rispettare la legge e chi ne ha una propria, non ci resta che tifare per Montella, l’unico italiano ancora in gioco agli europei.
bacioni, estensibili.
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