Sovrano, ma soprattutto suddito.

Sovrano, ma soprattutto suddito.

Papà, papà, sono caduto sul marciapiede, perchè c’era una buca. Figliolo, prima si mette la tavola e poi si riparano le buche.

In democrazia il popolo è monarca, ma anche suddito. E’ monarca solo quando vota, per il resto dei suoi giorni è suddito.

La sua volontà si esaurisce nel voto, per poi non contare davvero più niente.

Perchè questo sia accettabile, però, sarebbe necessario che la legge elettorale fosse diretta emanazione del popolo. Deve cioè lui stabilire chi possa governarlo, quali requisiti debba avere e come possa essere eletto. Invece accade che i governanti, autoelettisi a casta, come usa dire oggi, ovvero a tutori del popolo, decidano, al netto dell’interesse comune, quale debba essere la legge elettorale e come debbano essere scelti (dai partiti) i candidati. Quest’ultima scelta è davvero autoritaria. La scelta del centro destra, peraltro davvero originale, cioè quella di candidare di nuovo l’ultimo in classifica (un pò come se una squadra di calcio che ha perso il campionato confermi il suo allenatore) non ha incrociato preventivamente la volontà della città, ma è stata calata dall’alto, addirittura da Roma, dove non conoscono evidentemente lo stato dei marciapiedi del capoluogo. Sarà la stessa cosa a sinistra, dove si stanno letteralmente scannando ognuno per proporre il proprio raccomandato e, quando un nome esterno, il classico personaggio/a al di fuori delle loro beghe, è stato timidamente fatto, è stato cancellato proprio perchè non rispondente alle logiche di potere tutte interne ai partiti.

Quindi, non la scelta del candidato più in grado di amministrare la città, ma la scelta del candidato proposto dalla fazione più forte perchè possa avidamente comandare.

Si sapeva già. Davvero? Allora meglio ricordarlo.

Il problema, comunque sta a monte.

I candidati, per lo più, con la politica cercano uno stipendio, una sicurezza economica, cercano di fare quella carriera preclusa loro nel mondo del lavoro. Che si riesca a diventare sindaco, assessore o anche solo consigliere, perbacco, significa portare a casa quattrini, che, in molti casi, diversamente non si guadagnerebbero.

La politica è, quindi, in buona parte, un ufficio di collocamento. Così si spiega che il tal portaborse, dopo anni a scaldare una poltrona da qualche parte a poche centinaia di euro, poi diventi un dirigente importante o un assessore o cos’altro. Del resto chi diventa dirigente in questa maniera dovrà dire grazie per la vita, cosa che non accadrebbe con una persona di indiscusso valore professionale che dovrà togliere tempo alle sue attività, in questo caso, davvero solo per l’interesse generale e perchè scelto per quello che sa fare, non per quello che può garantire al politico di riferimento o al partito di provenienza.

Ed ecco che il livello generale delle cosiddette classi dirigenti si abbassa, la media cade in picchiata e i governi delle città diventano scadenti, benchè autocertificati come i migliori.

Ma occorre tornare sul concetto di pater familias, usato dal sindaco uscente in riferimento al suo ruolo. Essere genitori, anche se solo simbolicamente, comporta un’autorità indiscussa e indiscutibile. Il pater familias comanda, sgrida, punisce e premia. Un sindaco amministra. Dice perchè? Perchè il comune non è casa sua. Del pater familias la legge vuole talvolta che se ne utilizzino la saggezza, ma solo del “buon” padre di famiglia, sia chiaro, non di un padre di famiglia qualsiasi, quando, cioè, è il buon senso che indica la strada, quindi comportarsi come un buon padre di famiglia è ritenuto dalla legge, ripeto, talvolta, il modo giusto per comportarsi. Ma un sindaco non ha l’autorità dispotica che il padre o la madre hanno nella famiglia, amministra, e questa è tutta un’altra cosa, con uno specifico mandato e secondo regole precise. Può semmai diventare buon padre di famiglia quando litigano due dipendenti comunali per portarli a una tregua, non quando delibera. Il buon padre di famiglia risponde a regole non scritte, morali, diciamo, ed è per questo che un sindaco non può mai essere un padre di famiglia.

Ma se così fosse, papà, per favore, libera il marciapiede di corso 18 agosto da quei segnali nascosti dalle buste della spazzatura e piantati su pneumatici usati, per favore, chè devo ricevere visite e non voglio fare brutte figure.

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