Per amare la libertà è necessario perderla.

Per amare la libertà è necessario perderla.

Mi dai un voto? Spiacente sono candidato anch’io.

Non v’è dubbio che i regimi totalitari abbiano un grande effetto educativo; oltre alla cieca obbedienza, infatti, insegnano a sognare la libertà quale meta unica da raggiungere. In democrazia, invece, il tipo sociale più diffuso è quello dei signorotti e delle cortigiane, per dirla con Piperno, la libertà si dà per scontata tanto da giocarsela per una raccomandazione in più.

Questo presunto stato di libertà genera mostri, il più enorme e famelico è la classe politica che non garantisce qualità, competenza, ma supplisce con arrivismo, prepotenza e avidità.

Vige uno stato confusionale nel quale si confonde la libertà con la fedeltà, la competenza con la conoscenza attaccata con la saliva, l’umiltà e il rispetto con il politicamente corretto, la serietà con la furbizia. Alla fine tutti obbediscono a un regime autentico e subdolo che consente di sfogare le proprie appiccicaticce opinioni solo sui social.

L’unica forma di disobbedienza civica possibile consiste nella lucidità, quella lucidità che consente di vederci chiaro in questo autentico e maleodorante stagno della politica. Di certo la lucidità è per pochi e tutti questi rari esemplari vengono relegati, da una bolsa maggioranza di sistema, nello spazio che si garantirebbe al folclore.

Difficile uscire dalle maglie di un perfido sistema che garantisce carriere ad avventurieri senza passato, con un presente falso e un futuro da imbonitori.

La messa in scena delle elezioni certifica questa rappresentazione farsesca della democrazia fra i cui attori a mancare è la persona autorevole, con dignità e conoscenze. Con la demolizione delle differenze ideologiche, emarginate al ruolo secondario, appunto, del folclore, non si riesce a distinguere un candidato di centro destra da uno di centro sinistra, ma anche uno del famigerato e indecifrabile centro. Hanno tutti gli stessi requisiti di arrivismo. Si propongono loro, da soli, non hanno una squadra che riconosce loro la personalità giusta per ricoprire un ruolo importante. Sfacciatamente si riscoprono piccoli statisti e, accerchiati da pochi intimi, sfidano le urne, ben sapendo che si tratta di una lotta fra pari, dove a prevalere sarà uno che non differisce dall’altro. Ovvio che l’astensionismo dilaghi.

Ma, purtroppo per loro, amministrare un comune è una cosa seria, sacra oserei dire, nei confronti della quale bisogna vivere il timore, sempre, di non essere all’altezza, non la spudorata e presuntuosa certezza di sapersela cavare.

Ora cominciano a fare sul serio, si fanno avanti anche i pedoni raccolti fra le pieghe delle amicizie, quelli che “ho un’idea per i parcheggi”, che, impunemente, si propongono con slogan improbabili sui social.

E’ uno spettacolo che fa male. Ma solo a chi ha conservato quella lucidità di cui sopra. Anche persone intelligenti e brillanti non sono più lucide, si sono fatte fagocitare dal sistema.

A questo punto preferirei essere governato dall’intelligenza artificiale, magari i marciapiedi diventano pure una cosa da manutenere, tante di quelle volte.

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