Integrazione, atletica leggera e la “Repubblica”.

Integrazione, atletica leggera e la “Repubblica”.

E l’Italia, il rione dell’Europa.

Una volta, una persona di mia conoscenza, alla vista di un gruppo di ragazzini, per sapere se uno di quelli era il compagno di scuola del proprio figlio, chiese alla moglie se il compagno di scuola del figlio fosse “quello col braccio fasciato”. Per questa sua innocente domanda venne preso in giro per anni: il ragazzo, infatti, oltre ad avere il braccio fasciato, era nero, unico fra bianchi. Facile quindi individuarlo per il colore della pelle che risaltava certamente di più. Ma, a lui, non gli venne proprio, tanto per lui, evidentemente, poco significava, appunto, la provenienza etnica.

Forma, questa, di autentica capacità di integrare, cioè di considerare alla stessa stregua etnie diverse. La spontaneità di quella domanda segna il limite fra integrazione e sopportazione.

Il quotidiano La Repubblica ha, invece, esaltato la squadra di atletica italiana che, grazie al contributo dell’immigrazione sarebbe diventata imbattibile.

Discorso più razzista e così poco inclusivo, ebbene, non poteva essere fatto. Provenendo, poi, da chi della solidarietà e della capacità di accettare l’immigrazione si fa paladino, fa sorridere assai e fa capire quanto i primi a parlare di integrazione rimangano dentro davvero razzisti e come quei discorsi siano strumentalizzati in maniera becera e stupida.

La Repubblica avrebbe dovuto, invece, esaltare l’Italia e basta, senza sottolineare il colore della pelle, chè, questo, proprio questo, è il succo del razzismo.

A riguardo, estendendo il discorso, fanno da eco le parole di Mattarella che, ormai, parlando dell’Italia, non usa più la parola Stato, Nazione, Italia, ma addirittura quella di “collettività”, con un dichiarato ed esplicito riconoscimento della superiorità, non solo gerarchica, ma istituzionale, dell’Unione Europea. Per Mattarella non esistono più gli stati europei, ma lo stato Europa, nell’ambito del quale esiste la collettività degli italiani. Passaggio certamente studiato, con una cessione di potere notificato agli italiani attenti. Messaggio subliminale, affinchè ci si abitui a non considerarci uno Stato, disaffezionandoci alla parola, ovvero usandola per indicare altro.

Che il futuro sia fatto di Europa, e mi riferisco a un futuro più roseo, può anche essere, ma sarebbe il caso che l’idea maturasse sinceramente in ogni cuore, senza spot insinuanti, provenienti da chi non ha e ammette critiche, proprio perchè sarebbe il Presidente dello Stato Italia, potere e carica che intende mantenere passando però per lo sputtanamento dello stesso Stato che lo ha scelto come santo protettore, politicamente parlando.

Un salto in avanti mascherato con un uso della lingua mistificatorio, se vogliamo sbagliato, a meno che, davvero non si pensi che Stato non lo siamo già più. Il che ci può anche stare, ma confessiamocelo apertamente.

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