Parlate voi, tanto noi le nostre barriere architettoniche le conserviamo con cura da sempre.
In tempi di G7 su inclusione e disabilità, dove i paesi del mondo si riuniscono per discuterne e il Papa li riceve con raccomandazioni di sicuro pregio, val la pena ricordare la situazione di terzo (meglio quarto o quinto) mondo in cui versa la città di Potenza.
I trasporti pubblici più innovativi ci sono tutti: scale mobili, ponti attrezzati, terminal, e via discorrendo, ma se solo si affrontano le scale mobili più accorsate, che pure suona ironico stante la desolata solitudine che si vive utilizzandole, e cioè quelle che portano nientepopodimenoche a piazza Prefettura, ebbene, c’è poco spazio per l’inclusione e la disabilità è lasciata fuori della struttura. C’è una rampa che non funziona nè in salita e nè in discesa, molte rampe funzionano solo in salita e non esistono materialmente mezzi per consentire a chi sia affetto da disabilità, anche temporanea, di usufruirne.
Francamente non riesco a capire come le Autorità competenti non siano mai intervenute. E questo da molti anni.
Quindi G7 o no, noi potentini semplicemente viviamo al di fuori della legalità, ma, beninteso, con serena rassegnazione o meglio ancora strafregandocene. Chi si porta dietro una disabilità temo abbia da sempre rinunciato a esercitare i suoi diritti e ad avanzare pretese, tanto non glie ne frega niente a nessuno, al netto degli slogan elettorali che riempiono le bocche dei futuri sindaci.
La sensibilità cittadina in genere e quella istituzionale cittadina è pari a quella che si ha nei confronti di una mosca prima di ammazzarla con una smorfia di soddisfazione.
Del che è verbale.
Le istituzioni possono intervenire sul punto e potremmo aprire un dibattito.
Sì, certo, come no, aspetta tu.
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