Fuga da Potenza.

Fuga da Potenza.

Fuori dalla storia e dalla civiltà.

L’impressione è che la Basilicata, soprattutto la Provincia di Potenza sia rimasta indietro nel tempo e non sia stata neanche sfiorata dalla moderna civiltà.

Lo stesso esercizio della democrazia è prepotentemente viziato da un esercizio del potere da sempre tendente a espropriare la libera scelta elettorale, attraverso un uso sfacciato e irrispettoso di ogni norma da parte del potere politico che garantisce solo ai fidi scudieri quelle postazioni che risultano determinanti all’interno delle pubbliche amministrazioni.

La politica, o quello che così si fa chiamare, ha il potere di un imperatore e lo esercita secondo un consociativismo di bassa lega ma di comprovato funzionamento.

Peraltro, negli ultimi anni, registriamo una sottomissione della politica a poteri più o meno forti; o meglio alla stringente e costringente collaborazione fra il mondo politico e quello, pur scarno, economico.

Le assise, comunali siccome regionali, sono inesistenti, non esercitano il controllo e si autocandidano a palestre dei selfie e delle inutili comunicazioni social, private, ormai, anche della dignità istituzionale.

Il contorno è coerente: risse con tizio o con caio, atteggiamento da tifoserie, prepotenze, toni ingiuriosi, violenze morali, tentativo di assoggettare chiunque alla democratica dittatura delle classi emergenti, che, ribadisco, sono il frutto della commistione degli interessi con la politica.

Nominare la meritocrazia è iniziativa coraggiosa, giacchè non ne esiste alito vitale, essendo stata sepolta dalla corsa dei fidi scudieri autoproclamatisi eccellenze, in un teatro che si configura come un acquario. La gente sta fuori e guarda mezzo inorridita e mezzo speranzosa di avere, secondo un movimento al contrario, il mangime per campare direttamente dall’acquario.

Un popolo incapace di ribellarsi anche all’inefficienza più conclamata, al concorso meno veritiero, alla nomina più spregiudicata.

Il potere delle relazioni brevi, che caratterizza il contesto lucano, è l’ulteriore aggravante, così come la mancanza di un controllo anche giudiziario, serio e tempestivo, che garantisca quella terzietà immune da consorterie.

Il resto è guerriglia verbale, che avviene in spazi limitati e accessibili solo a pochi, in un panorama desolato dove i più arrancano senza neanche provare a guardare bene cosa accada.

Parole come cultura, senso civico, partecipazione, responsabilità, legalità, sono parole ormai straniere ovvero usate a sproposito.

Chi si ribella è a rischio, come accade nelle situazioni più torbide che non sono confinate nei gialli e nei romanzi, ma che sono vita vissuta per tutti i lucani. Bravi, questi, nell’arte della sopportazione o resilienza, ma in effetti bravi a esercitare quel ruolo da sudditi che la storia ha scelto per noi.

Noi non sappiamo neanche cosa significhi civiltà o legalità, ma anche capacità e programmazione. A quest’ultimo riguardo basti una semplice osservazione: a Potenza si stanno ultimando i lavori di un altro trasporto pubblico meccanizzato, senza che gli altri funzionino bene, siano stati manutenuti o, semplicemente, vengano davvero usati. Spendere milioni senza promuovere l’utilizzo di quelli esistenti significa gettare i soldi dalla finestra. Non una logica che sia posta a base di una nuova opera pubblica. Roba da matti, o semplicemente, da gente che non sa quello che fa e quello che dovrebbe fare. Peraltro, nel caso specifico, senza garantire parcheggi a valle del nuovo sistema, che parte da una zona solo di passaggio, significa che a utilizzarle saranno solo i curiosi o gli abitanti delle due palazzine adiacenti e una volta ogni tanto. Da scellerati.

Ma questo è.

Scappare! Presto diventerà una urgenza per tutti.

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