Era ora

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Ma troveranno un’altra scappatoia.

Con motivazioni molto serie la Corte di Cassazione ha impugnato la legge, che ha abolito il reato di abuso di atti di ufficio, davanti alla Corte Costituzionale, ritenendola contraria ai principi appunto costituzionali ed europei.

Aver abolito il reato ha armato le mani degli amministratori più sfrontati e pericolosi, e Dio solo sa quanti ce ne è. Si rischia, infatti, l’assoluta impunità di quei politici che amministrano con spregio di ogni etica. Sapere di poter favorire tizio a danno di caio, per esempio nel tal concorso o in un affidamento di incarico stura la sorgente del malaffare e colora lo spoil system di fosche tinte.

L’etica non ha pieno diritto di cittadinanza in Italia, alberga solo in quelli che l’italiano medio reputa fessi.

Questa concezione è alimentata, anche involontariamente, da chiunque, sia essa istituzione, sia essa informazione. Non esiste una campagna di educazione a riguardo, piuttosto il contrario. Aspettarsi, quindi, che, da grande, uno cresciuto nell’idolatria della furbizia sia eticamente trasparente è una scommessa abbondantemente persa.

Non riesce facile comprendere come manchi una attenta impostazione didattica scolastica a riguardo, visto che il fenomeno è talmente esteso da spingere politici ex magistrati a ritenere addirittura di abolire una fattispecie di reato così ampia e così diffusa. Dice il ministro che sono pochi i casi di condanne su tante indagini. Bene, questo da un lato denuncia una insipienza di indagini, dall’altro dimostra come il fenomeno sia tanto diffuso da non poter ignorarlo abolendolo, piuttosto sarebbero da creare figure investigative meglio specializzate; ma questo dipenderebbe dal governo che tutto può tranne che volersi fare del male. Ignorando, però, che così facendo, i politici si scavano la fossa da soli stante la continua e crescente disaffezione popolare per il loro ceto.

Il fatto è che agli italiani non gli ingozza proprio il rispetto delle regole, la lealtà, il rispetto, che dovrebbe essere sacro perchè di comune interesse, per il valore e per il merito.

Un popolo di imbroglioncelli, capaci tutti di ridere a crepapelle per la vendita della Fontana di Trevi a un ingenuo straniero, giammai a un seppur ingenuo italiano, tutti pronti a saltar la fila pure per dare le condoglianze a un funerale. Un popolo poco affidabile, come del resto la storia insegna, un popolo opportunista. In alcune manifestazioni geniale, ma quale popolo non lo è?

Impariamo a ridere della nostra furbizia, piuttosto che della educazione altrui, che arriviamo a definire stupida o ingenua, quando è solo una immensa qualità.

Quindi, per favore, abolite l’abolizione del reato di abuso di atti di ufficio almeno fino a quando non saremo un popolo maturo. E se non sono bastati tutti i secoli passati, per diventarlo, facile che ce ne vogliano tre volte tanto per migliorare finalmente concretamente.

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