Candidati al grande Lego cittadino ovvero l’educazione quale sinonimo di modernità.

Candidati al grande Lego cittadino ovvero l’educazione quale sinonimo di modernità.

Diamo una confezione di Lego a ogni candidato sindaco e vediamo cosa riesce a costruire.

Una persona educata evoca altri tempi, è sinonimo di antico, tutto sembra meno che una persona, come dire, “attuale”. Forse perché educato non coincide con le caratteristiche dell’oggi, quali fretta, apparire, vincere e, se si perde, prendersela con qualcuno che sarà l’unico responsabile della sconfitta.

Oggi non va più neanche tanto il fare soldi. Sì, chiunque ne vorrebbe di più, o meglio ancora tanti tantissimi, ma vuoi mettere con l’essere famoso, essere “rispettato” come un mafioso, essere ritenuto superiore? I soldi sono una conseguenza e sono pochi quelli che ne vorrebbero a iosa senza pretendere altro.

Ma dicevo dell’educazione che, da troppo tempo, non risponde al quotidiano appello della scuola della vita.

Se ne rinvengono solo tracce vivendo la città, cioè camminando e facendo le cose che si fanno in una città, come entrare in un bar, fare un acquisto e scambiare una chiacchiera seduti al bar; ancora di meno facendo una fila; è inesistente o quasi nelle scuole e, per chiudere, è un ospite sgradito in tv, nei talk show, nelle grandi assise politiche, lì cioè dove si nota di più.

Sui mezzi di trasporto pubblico, che nella mia città significano solo ascensori, rimanendo vuoti tutti gli altri tipi di mezzo pubblico (e ve ne è ben donde, considerato che devi pagare il biglietto anche se devi usare le scale coi gradini invece delle scale mobili) solo un ragazzo su venti dà la precedenza a un signore più grande o anziano, per dire, e quando un giovine si ferma e aspetta che l’anziano esca per primo, uno spettatore qualsiasi sarebbe tentato di portarlo in trionfo.

Bandita, quindi, dalle virtù sociali, l’educazione è un relitto che riempie i ricordi di qualcuno e scompare sempre più da ogni riferimento al vivere civile in comune.

Oggi è una virtù sapersi difendere dal nulla: farsi largo a suon di gomitate, saltare posti nella fila, dimezzare un percorso violando qualche norma, indossare la cintura di sicurezza in un battibaleno alla vista di una pattuglia, trovare una raccomandazione, portare una borsa a qualcuno più importante.

Ma, parlando come usa fra i neo politici, cioè quelli che si sognano amministratori ben prima di essersi sognati lavoratori, occorre assolutamente “ristabilire qualche priorità e immaginare nuovi percorsi virtuosi” (mamma mia, sembrava difficile parlare così arditamente, diamine vuoi vedere che posso candidarmi anche io?).

Ecco, quindi, che, senza dubbio passando per un rivoluzionario pericoloso, segnalo l’esigenza di fissare un obiettivo coraggioso e inimmaginabile: una città educata! Tiè!, l’ho buttata là così, con sprezzo e indifferenza per i rischi che corro pronunciando simili e avventate dichiarazioni.

Perché la vera rivoluzione è proprio questa. Un maniacale e prioritario rispetto per gli altri quale base per vivere meglio. Educazione sinonimo di modernità e civiltà.

Le declinazioni sono poi inimmaginabili, perché, per esempio, un amministratore ben educato, esercitato nell’arte del rispetto altrui, inorridirebbe davanti a un marciapiede-trappola o a una strada piena di buche, veri e propri tranelli che, per evitarli, si perde il 50% delle energie e del buon umore.

O anche, un amministratore allenato al rispetto, rispetta anche le regole scritte (giuro che è così) oltre che i suoi consimili e, quindi, al primo concorso pubblico si impone perché non passi il raccomandato non meritevole e, vado giù di brutto, perbacco, il presidente di turno eviterebbe di nominare il galoppino di qualcuno solo perché gli tocca di avere un uomo suo nel sistema, per non mancare di rispetto al più bravo e a un popolo che da lui tutto si aspetta meno che fare gli interessi di bottega di un partito.

Una persona, tipo un candidato a qualcosa, se educato il giusto, non userebbe mai il disagio di qualcuno per farsi campagna elettorale, disattendendo, per esempio, il suo protratto languore di amministratore di opposizione che quel disagio aveva visto nascere e svilupparsi in anticipo senza battere ciglio (il riferimento agli asili che chiudono e ai candidati che solo ora si spendono è specifico, ma estensibile a mille altre situazioni).

Ecco allora che mi sentirei di dare il mio umile voto a chi anteponesse a qualsiasi programma elettorale, che spaziano tutti dalla A alla Z senza un minimo di conoscenza o coerenza, la sua proposta di educare la città, cominciando col dare il buon esempio. Salutare un rivoluzionario che vuole portare il rispetto fra le urgenze più urgenti meriterebbe una perenne ola in una via Pretoria piena zeppa di gente come ormai solo la festa del Santo Patrono concede.

Il resto è noia, è slogan, è fuffa, è un dilettarsi a giocare con le cose serie come si trattasse di un Lego per tutte le età.

Perché di serio, contraddicendo il poeta, non c’è solo la morte, proviamo a credere anche in una esistenza quotidiana seria.

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