Altro che totem, è una fregatura.

Altro che totem, è una fregatura.

Alziamo le pene.
E chissenefrega.

Carceri sovraffollate, suicidi in spaventoso e tragico aumento e, di fronte, la incapacità di affrontare un problema serio.

A margine il tema se tener chiuso un reo risolva, e in quale misura, il problema della criminalità, magari sarebbe il caso, finalmente, di affrontare il problema alla radice e cioè il perché siano in tanti a violare la legge.

Detto dell’Italia sembra una boutade, perché in Italia la legge, semmai non sempre quella penale, non v’è chi non l’abbia mai violata, ma mi sembra ormai inutile dare per scontato che l’unica soluzione sia la galera.

Deve pur esserci un deterrente migliore.

A ogni modo nel secolo che viviamo, avendo ormai maturato la giustezza dell’abolizione della pena di morte, magari dovremmo cominciare a guardare oltre quella morte civile che costituisce la galera.

Immaginare di sconvolgere i piani regolatori per edificare case di pena, per riempirle come stie per galline e poi discutere dei suicidi o magari, finalmente, anche delle condizioni di vita dei reclusi che farebbero arrossire un mafioso, sembra davvero da sciocchi: il problema non si risolve con più carceri, guardiani e sbarre. Leggi più severe costituiscono, poi, l’evoluzione della stupidità portata al rango di genialità a rovescio: non servono a nulla, non spaventano nessuno. Ma il solo pensare che il malaffare vada ben oltre quello certificato dal numero dei detenuti, lascerebbe sgomenti non si trattasse, quello italiano, di un popolo che certamente ha fatto “il militare a Cuneo”, che non si sorprende di nulla e che tutto già sa.

Forse bisognerebbe cominciare a parlare di impegno civico, anche pagato, quale sanzione penale. Faccio un esempio: quanto costa tenere in piedi un carcere come quello di Potenza? Tutto mi induce a pensare si tratti di milioni e anche parecchi, fra mense, dipendenti, armi, divise, pulizia, luce elettrica, riscaldamento e via discorrendo. Soldi ben spendibili per consegnare una onesta paga, livellata sui minimi, per stipendiare i detenuti destinati a lavori sociali. Il vero e assoluto criminale, se straniero, andrebbe restituito al suo paese di origine, senza mantenerlo a vita e, se italiano, munito di braccialetto elettronico, monitorato con sistemi di AI e, anche lui, destinato a lavori di ritorno per la società.

Per smantellare la malavita organizzata basterebbe, poi, evitare che si insinui nella politica togliendole il pane, quale commercio di droga o controllo della prostituzione, fonti primarie di guadagno. Le droghe leggere andrebbero liberalizzate, semmai con un bell’avviso sul pacchetto del tipo “da oggi in poi sono fatti tuoi” e quelle pesanti pure, tanto chi le cerca le trova, quindi meglio che escano alla luce, la vergogna funzionerà più della legge.

“Mi dia un paio di grammi di coca”, “ecco, signore, fanno cento euro, paga in contanti o con carta”?

Suvvia, non è per buttarla sul ridere, ma affrontare un problema così serio, dopo anni di soluzioni fallite, vuol dire anche dare un segno istituzionale di vita, a fronte dell’imbarazzo generale, oltre il quale i nostri parlamentari non riescono ad andare, e chissà quanti di loro sniffano o fumano alimentando il commercio in nero delle droghe.

Governanti e legislatori date un colpo, se ci siete, stasera prima di una bella cenetta da Pisciapiano, orsù, provate a fare quello per cui siete lautamente pagati. Ammesso che ne siate capaci, cosa di cui dubito fortemente, convinto come sono che la democrazia non è un totem, ma una fregatura assoluta.

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