Torre Guevara e vie d’accesso.
A tenerci lontani dal resto d’Italia che conta, per non dire dall’Europa, non sono soltanto le misere infrastrutture, che non contemplano trasporti decenti, bensì soltanto avventurosi, ma, anche, una mentalità particolare che ci separa dal nostro essere cittadini come se ci fosse (fra noi e la nostra cittadinanza) una incompatibilità genetica.
Non c’è bisogno di particolari e approfondite analisi, infatti, per constatare come siamo capaci di coniugare maestosità e precarietà, cura e trascuratezza, senza il dubbio di passare per dementi.
Prendete Potenza: un’opera importante come il parco Guevara, a oggi manutenuto come un gioiellino è circondato da nefandezze inconcepibili. Chi, infatti, provenendo da via Pretoria e intravedendo già lo spettacolo della torre, non si cimentasse nella spericolata opera di vedere dove mette i piedi, rischierebbe di arrivare azzoppato alla meta. Buche piccole ed enormi, pavimentazione traballante, pericolosa, che col maltempo si riempie di acqua piovana che l’auto di turno destina alle tue gambe, oltre al traffico che impedisce una serena camminata, o i vicoli transennati per non rischiare di essere coperti da calcinacci, sono la testimonianza di una rimarchevole sbadataggine amministrativa che riesce mirabilmente a connotare ogni governo cittadino, a prescindere dal colore politico e gli slogan elettorali. Il potentino, adeguandosi, non protesta, accetta supinamente, sapendo che è impresa impossibile avere amministrazioni responsabili.
All’opera monumentale si affianca una gestione della cosa pubblica indecente.
Evidentemente, laddove ci sono soldi da spendere e incarichi da affidare, la macchina bene o male funziona, quando c’è da fare soltanto il dovere quotidiano, finanche se a costo zero, dal consigliere comunale in su, si respira un’aria di indolente indifferenza, quasi la città che viviamo si confondesse col cortile di quell’odioso del vicino.
Una immaturità civica genetica, par di capire, cui non si può opporre rimedio.
Ora, pare che la democrazia sia nata proprio per ovviare alla cedevolezza di un sistema destinato solo a singole mani. Le periodiche elezioni servono proprio per giudicare un’amministrazione. Ma la nostra politica ha risolto il problema livellando il dibattito democratico in basso: l’opposizione, infatti, non fa opposizione perché domani che è maggioranza, a sua volta non soffra un’opposizione che funzioni.
Il risultato è che da Fierro in poi, per vedere riparata una buca occorrono raccomandazioni speciali e una festa dopo data la eccezionalità dell’evento. Il risultato è che abbiamo un parco nuovo e pulito circondato da vie impercorribili e disastrate.
Questa gestione paesana, per tornare a bomba, ci tiene lontani dall’Italia e dall’Europa, per mancanza dei requisiti minimi del senso di cittadinanza e del senso di responsabilità degli amministratori.
Fa piacere vedere come proseguano i lavori di ultimazione delle proprietà degli amministratori, con annesse inguardabili tettoie che meriterebbero cronaca giudiziaria, mentre un cortile posto di fronte al parco Guevara risulti un immondezzaio a cielo aperto. Una cosa non c’entra con l’altra? Macchè, sono le facce della stessa medaglia, che da un lato ha l’interesse personale e dall’altro quello pubblico.
Dubito che i paesi dell’Africa settentrionale vivano medesima noncuranza che, oltre che amministrativa, è civica se non culturale.
Come se in una famiglia si compri ogni tanto una macchina lussuosa, da mostrare, salvo girare con le pezze al culo e non riuscire neanche a lavarsi.
Ricordo filmati che un candidato sindaco girava in città per mostrare cosa non andava. Oggi non ne gira più. Ma non è cambiato niente, se non la governance, che è si cambiata, ma perché non cambi nella sostanza niente.
La politica, ormai, genera amministratori tutti egualmente scadenti.
Con questi governi, un’opposizione che valga qualcosa, farebbe fuoco e fiamme. Da noi, no. Al Comune, siccome in regione, a maggioranze evanescenti si contrappongono (?) opposizioni liquide. Li accomuna tutti lo stipendio, gli slogan, i selfie e le promesse elettorali.
Sottocultura, credo sia solo questo. Ma non è poca cosa. Anzi.
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