Nolè e la bella signora

Nolè e la bella signora

Rispose una soave voce di donna matura, apparentemente ben sveglia, nonostante l’orario, che lui avvertì istintivamente essere ancora piacente e vanitosa.

Le avventure del commissario Nolè.

Nolè e la bella signora

Nolè, quando Potenza, a gennaio, diventava gelida e il centro storico sembrava il palcoscenico dei vecchi telefilm “ai confini della realtà”, passava ore a passeggiare per via Pretoria durante la notte e nel primo mattino.

Quel lunedì mattina, erano le 5:45, avvisava il vecchio orologio del palazzo del Prefetto, quello che per vent’anni aveva segnato l’orario del terremoto dell’80, Nolè guardava le casette di legno, alias mercatino di Natale, per la verità di una tristezza o malinconia cosmica, col sorriso sulle labbra. Non si spiegava che senso avesse quel mercato dal momento che attraevano di più le postazioni mobili degli ambulanti-abusivi della frutta e verdura.

Scorse un movimento dietro la casetta posta davanti all’ingresso del teatro Stabile e si avvicinò per capire di cosa si trattasse.

Era un giovane dall’aspetto apparentemente malmesso. Sembrava dormire, ma rantolava. Nolè gli toccò la guancia, che risultò gelida. Privo di cellulare, e maledicendo la cattiva abitudine di non portarselo dietro nelle sue passeggiate, al pari dell’arma d’ordinanza, coi bar ancora chiusi -beati i tempi in cui aprivano alle cinque, tempi passati e travolti dall’era della crisi e della pigrizia- provò a rianimare il giovane. Fra le dita aveva un foglietto di carta con un numero di cellulare scritto in bella grafia. In quel momento arrivò il camioncino della differenziata. Nolè gli corse incontro e strappò dalle mani dell’operatore il cellulare sul quale questi stava smanettando mentre guidava.

Chiamò un’autoambulanza, dando le necessarie indicazioni, e poi compose il numero scritto sul foglio trovato nelle mani del giovane.

Rispose una soave voce di donna matura, apparentemente ben sveglia, nonostante l’orario, che lui avvertì istintivamente essere ancora piacente e vanitosa, e, obbedendo all’istinto, chiese se potesse avere qualcosa per tirarsi su, avendo avuto assicurazioni, da chi gli aveva dato il numero di cellulare, che trattava merce di pregio assoluto.

“Ha sbagliato numero”, rispose la seducente signora, chiudendo la comunicazione.

“Sai usare google e vedere se il numero è mappato?”, chiese Nolè all’operatore che incuriosito non perdeva una battuta.

“Certo.”

Via Mazzini, all’altezza del civico 235, fu il rapido responso dell’operatore.

“Questo lo tengo io, tu aspetta l’ambulanza”, disse Nolè dopo aver sequestrato il cellulare.

Correndo per le scale del ristorante Fuori Le Mura, in tre minuti fu sul posto. Un appartamento aveva una luce ancora accesa. Non ci pensò due volte. Forzò il portone con la carta di credito, vecchio trucco insegnatogli da un vigile del fuoco, e, al primo piano, davanti alla porta corrispondente alla luce accesa, tese l’orecchio. Non sentì nè voci nè rumori e, per un attimo, pensò di aver sbagliato, stavolta, col suo fiuto.

Rifece il numero. Stavolta non rispose nessuno, ma sentì rumori nell’appartamento, passi che velocemente venivano verso la porta. Ebbe l’impressione anche di avvertire la vibrazione di un cellulare al di là della porta. Con tre balzi salì sul piano ammezzato e si nascose alla vista. Pochi secondi e la porta si aprì davanti a una signora bella e vistosa, quasi come l’aveva immaginata. La donna si muoveva con difficoltà perchè trasportava una valigia che era abbastanza ingombrante. Nolè non ci pensò due volte “Signora si fermi” e le corse incontro cercando di raggiungerla. La signora tirò fuori un piccolo revolver e fece fuoco. Due colpi non mirati che non colpirono il commissario. Questi si gettò letteralmente sulla donna e capitombolarono insieme per le scale. A questo punto si aprì il portone e una voce li raggiunse “Signora, è lei? Faccia in fretta. Ha con sé la valigia?” Non ottenendo risposta cominciò a salire la prima rampa di scale, ma appena finito di percorrere l’androne trovò a riceverlo il tonante pugno di Nolè.

Ma la situazione non era delle migliori. L’individuo nel rialzarsi mise le mani in tasca e cacciò un revolver, ma Nolè fu più pronto con un calcione proprio all’altezza del fegato; la pistola rotolò a terra finendo fra i piedi della signora che velocemente la raccolse. Nolè si fece scudo col corpo del socio della signora che si beccò due colpi mortali. Il terzo colpo andò a vuoto e Nolè si alzò con calma e suonò alla signora un ceffone tanto forte da stordirla. Recuperò il cellulare dell’operatore ecologico e chiamò in centrale. Si fece trovare seduto sulla signora che, a sua volta, stava stesa sul cadavere del suo amico, davanti la porta dell’ascensore e con tutti gli inquilini accalcati sulla rampa e pronti a soccorrerlo alla bisogna.

Tornò a casa a fare la doccia.

Alle nove, prima di andare in centrale, fece un salto alla sede dell’Acta e chiese chi era stato di turno in piazza Prefettura. “Rocco Stasi, commissario, ma è tornato, è in ufficio, incazzato perchè dice che gli hanno rubato il cellulare con tutte le foto delle sue conquiste”.

“Ehi Rocco, ci sei?”, gridò Nolè entrando negli uffici. Rocco uscì da una stanza con la tuta mezzo dismessa e trovandosi davanti il commissario sorrise e gli disse “non c’era bisogno si scomodasse, bastava avvertirmi, sarei passato io” riprendendosi lo scocciofono.

Nolè si recò al bar di viale del Basento e, chiesto in prestito il cellulare di Giovanna, la commessa del bar, chiamò il Pronto Soccorso per informarsi delle condizioni del giovane. “Overdose, ma se la caverà”.

Poi toccò alla centrale: “Cosa c’era nella valigia?”

“Un chilo di eroina; valore due milioni di euro; Nolè, bel colpo!”

Nolè tirò un bel respiro e ordinò un cappuccino bollente.

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