Il successo a portata di normalità.

Il successo a portata di normalità.

Le carriere del sistema.

Nella mia vita ho incontrato, come tutti, gente di ogni tipo, dagli avventurieri senza scrupoli ai maniaci della legalità, passando per tutte le altre gradazioni antropologiche e caratteriali. Ho avuto modo, nel tempo, di focalizzare le regole che hanno caratterizzato, nelle varie stagioni, il successo di determinate specie di tipi umani.

Ora, al di là di quelle carriere sviluppatesi per “amor di politico”, che prescindono dalla specie che viene promossa, valendo, in quei casi, solo l’appartenenza, familiare o politica che sia, negli ultimi decenni, diciamo dagli anni ottanta in poi, a prevalere o a essere tenuta in gran conto trovo sia stata la specie che comprende “l’uomo senza un’anima”.

Tocca spiegarmi.

Avete presente quelle persone che non prendono mai una posizione di petto? Quelli incapaci di dare una rispostaccia, e non perché non ne abbiano voglia, ma perché non si sa mai? Quelli la cui opinione personale è sconosciuta? Quelli, insomma, che non stonano mai?

Ecco, mi riferisco a queste persone.

Queste persone sono buone per tutte le stagioni, per tutti i partiti e per ogni fabbisogno. Dire che siano sfuggenti non è esatto: non sfuggono mai, in effetti, solo non hanno contorni definiti. Piacciono proprio per questo. Questa innata capacità di non schierarsi mai apertamente, ma di stare sempre un passo indietro a chi comanda veramente, nell’ombra, senza apparire mai troppo, li rende imprescindibili in questa stagione di assoluto pressapochismo, intellettuale e politico.

Loro non hanno mai una parola di troppo, un pensiero controcorrente, che non si parli del vino o del cioccolato più buono beninteso(perché in queste cose sanno avere il gusto più alla moda, sempre e comunque), non hanno, in definitiva, mai un nemico; non si sbilanciano mai, se lo sbilanciarsi può minimamente qualificarli in qualche maniera, semmai riescono a farlo solo nell’intimità con fedelissimi amici e forse neanche allora.

Sono persone delle quali non si può dire mai niente di negativo, perché salutano sempre, sono discreti e generalmente appaiono affidabilissimi. Loro sanno difendere il padroncino di turno con fare snob che non trasuda mai la loro innata subalternità. Sono fedelissimi con quella rara abilità di rendersi ugualmente disponibili per il prossimo padroncino proprio grazie a quella dissimulata terzietà o presunta onestà intellettuale.

Sono facilitati nel compito dalla cromosomica mancanza di opinioni proprie, avendo la natura di assorbire quelle più di moda man mano che queste cambiano e, badate bene, le opinioni che sposano non sono mai radicali e sono facilmente sostituibili. Peraltro, per loro le opinioni sono solo abiti da usare alla bisogna, quindi sempre alla moda, e della più raffinata.

Non hanno hobbies particolari da coltivare nella vita pubblica, ma sono piccoli maniaci di vezzi originali, che mostrano con malcelato pudore, anche questo di facciata. Non è gente da manifestazione pubblica, ma li troverai in prima o seconda fila, a seconda del ruolo, nelle occasioni istituzionali. Non prendono mai la parola e, se costretti, sanno sbrigarsela dicendo niente, ma con estremo garbo, sì da essere percepiti positivamente e sempre molto più di quello che effettivamente valgono. Ecco, se si vuole puntualizzare una loro caratteristica si può dire che unanimemente su di loro circolano giudizi sempre positivi, senza che questi, i giudizi, riescano a essere nemmeno una volta specifici.

A muoverli, così bene, è non un intelletto diabolico, non una specifica capacità, ma proprio la loro evidente normalità. E’ l’unico caso in cui la normalità diventa eccellenza, in cui un elettroencefalogramma piatto faccia sorridere. E si comprende bene: una persona particolarmente intelligente, un’opinione se la fa su tutto e la difende pure; loro no, non ne hanno, le prendono in prestito, perché non riescono ad averne. In genere non sono grandi lettori e non hanno particolari esigenze intellettuali. Nel privato si cibano culturalmente di pattume e, se interrogati su Proust o Cesare Pavese, rispondono come quegli studenti che si arrampicano sulla lavagna. Anche se hanno una particolare abilità a fiutare il pericolo di domande del genere e girare al largo.

Ebbene queste sono le persone di successo. Nel mondo dello spettacolo gli esempi più eclatanti sono Carlo Conti, Amadeus, un tempo Pippo Baudo, ma anche Mara Venier. Di tutti questi si suole dire che sono dei “grandi professionisti” proprio per quella attitudine a superare ogni stagione sempre indenni. Ma li vedi anche presiedere ordini professionali, dirigere dipartimenti importanti e avere incarichi da enti di ogni genere. Sono quelli che da camerati divennero socialisti nel giro di pochi mesi, da sessantottini bancari o giornalisti, da chierichetti banchieri. Rappresentano la massa nella maniera più raffinata, bravi solo a conservare lo status quo. Dove ci sono loro l’acqua è sempre piatta.

Non so se ne esista specie uguale negli altri paesi e mi scuso per l’ignoranza, ma come fanno carriera da noi è difficile immaginarlo altrove: fuori dell’Italia il merito ha ancora un senso e questa specie aborre il merito, non lo riconosce come requisito positivo. Perché il merito agita le acque e impone gerarchie che li escluderebbero. Ma loro servono perché sono gli eserciti del mantenimento dello status quo, quelli che ti anestetizzano, che ti inducono alla resilienza totale. Coi Carlo Conti tieni a bada una nazione, quindi una loro specifica funzione pure ce l’hanno, ma davvero negativa, pessima, umiliante, direi.

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