La libertà della disinformazione.
Ha detto Mattarella, di recente, che l’informazione «libera, indipendente e plurale è un diritto dei cittadini, un dovere per tutti esigerla. È l’antidoto
per contrastare fenomeni manipolativi».
Poffarbacco, mi è venuto di bofonchiare. Pensavo alla mia terra, la Basilicata, dove l’informazione tale non è mai stata, se non sporadicamente e unidirezionalmente diretta. Quindi avevo ragione, per mille cannoni, quando pensavo che la stampa in Basilicata è peggio di Hurrà Juventus, con tutto il rispetto per gli juventini.
La libertà di stampa dalle nostre parti è declinata come “libertà di esaltare chi fa comodo esaltare”, con la conseguenza obbligata di contare i peli a chi non ci fa comodo esaltare.
Così si spiegano gli editoriali a senso unico del tal giornale e le battaglie pro e contro del tal’altro giornale.
Del resto si giustifica: in una terra di sudditi, l’esistenza del giusto humus perchè fioriscano uomini liberi è striminzita e quand’anche se ne creasse l’intelligenza soccorre per suggerire di non farsi nemici.
Quindi l’esame, piuttosto che alla mancanza di seria informazione, seria nel senso di libera, terza, superiore a ogni interesse, deve limitarsi allo studio del fenomeno inverso: cioè se ne esce uno, in Basilicata, che sia capace di interpretare liberamente il ruolo di cittadino partecipe e responsabile, questo va portato immediatamente in laboratorio e studiato come fenomeno extranaturale, un miracolo, una eccezione, un difetto, un handicap.
Gli esiti di un ipotetico studio del genere potrebbero essere solo due: o il sangue non è lucano, o Iddio ha voluto creare un essere speciale e diverso come fece con Maradona. Solo che il nostro Maradona della libertà verrebbe sacrificato immediatamente sull’altare del politicamente corretto, giustiziato metaforicamente, e tenuto in gabbia perchè possa essere guardato dalla gente normale e semmai nutrito con le noccioline.
Un bacione, estensibile, of course.
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