Un umile inchino.

Un umile inchino.

Si potrebbe cominciare da un inchino.

Fare politica, in Italia, è un gioco, sempre lo stesso, e periodicamente si cambia campo. Col cambiare campo si cambiano le posizioni. Sempre. L’alternanza è di una precisione svizzera. Noiosa. Talvolta nauseante.

Prendiamo le leggi di bilancio.

Chi è all’opposizione si ammala di quella malattia chiamata populismo, cioè riesce a dire quello che direbbe il popolo: non si può tagliare la spesa necessaria, non si può impoverire la sanità, non si possono tenere pensioni così basse, salari da fame, tasse così alte, servizi così scadenti ecc. ecc.

Un refrain da festival europeo della canzone.

Poi chi sta all’opposizione torna a governare e diventa in un sol colpo europeista, previdente, ragioniera, cioè il contrario di quello che era stata per gli anni di opposizione. Quindi le accise sulla benzina non sono più uno scandalo, in fondo si potrebbe lavorare qualche anno di più e via discorrendo.

I cataloghi sono sempre gli stessi, non cambiano mai e non passano di moda. Solo che se li scambiano a seconda di chi governa.

Il balletto è nauseante, dicevo, insopportabile.

Poi chi governa, convinto che solo la severità potrebbe aiutare, e chissà poi perchè, non riesce a essere davvero severo, quindi dà colpi a chi è abituato a prenderne sempre.

Diceva Gaber che la democrazia non dovrebbe essere un livellamento verso il basso, ma che è la sola cosa che le riesce.

In una parola non siamo seri e la nostra democrazia, tradotta in un esempio, è come prendere un vinello nel cartone e dire che è un vino doc, il mondo dove la normalità è un sogno, l’assunzione della responsabilità solo per i derelitti e i privilegi costanti, incrostati e finanche accettati come male necessario.

Non so se significa essere antidemocratici, ma io un ministro senza eccelse qualità non lo sopporto, un assessore neanche buono a trovarsi un lavoro non lo voglio. Le figure apicali qualcosa di fuori della norma finiscono per averlo sempre, ma sono i contorni a rendere la pietanza poco più che schifosa. Quella acritica e servile massa di portaborse eletti a funzioni decisionali abbassa la media e rende un servizio tremebondo.

Ho la fondata paura, alla fine, che per alzare la media della classe burocratica e politica sarà impresa dura e lunga. A patto che si inizi. Ma non sembra che sia ancora venuto il momento di iniziare.

Nell’epoca del conformismo più sciatto e scadente, val la pena, quantomeno, salutarsi con rispetto, talchè mi è gradito rivolgere a tutti un umile inchino.

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