A sinistra convivono pacificamente, ma mi vien da pensare anche proficuamente, imprenditori, avventurieri imprenditori, affaristi, manifestanti del giorno dopo, ex comunisti di quelli che occupare case è cosa buona, solidali per caso o col culo degli altri, snob, intellettuali o pseudo tali, professionisti da parcelle nelle quali gli zeri non si contano, imbonitori, amanti dello slogan, immobiliaristi, di piccolo-medio-grande cabotaggio, milionari e tipi da cachemire e barca a vela.

Come riescano a convivere è cosa facilmente individuabile e giuro che non è l’amore per il bene comune, ma l’istinto di preservazione e lo sconfinato amore per danaro e potere che porta al danaro.

Tutto il resto sta a destra.

E’ la vecchia e infinita guerra sociale fra chi sta bene benissimo, da un lato, e chi vive qualche forma di disagio, importante o lieve, assieme a chi, pur stando bene, non ha la puzza sotto il naso e prova ancora un infinito piacere per un panino e mortadella, magari divorato seduti su una panchina al sole.

Del resto la sinistra radicale, pura, quella di occupiamo le case popolari -giammai le ville di Capalbio- che riesce a convivere con l’imprenditore la dice lunga sul pactum sceleris sotteso in danno del disagio, nel cui nome, però, si fanno le manifestazioni del giorno dopo, buone solo a strumentalizzare il dolore.

Questa sinistra sprezzante, lo è anche delle regole più basilari e si atteggia a ente superiore, anche del codice civile, per dire.

La figura dell’uomo di sinistra che soffre con quelli che difende è ormai sbiadita, se mai è esistita. A guardare i reduci del 68 è esistita solo per farsi strada e fare soldi, o almeno provarci.

Sentirsi di destra fra gente di sinistra e di sinistra fra gente di destra (cit.) è l’unica maniera per professarsi liberi. Destra e sinistra non vanno declinati più come fa la politica dei politicanti, ma come categorie dell’anima. La politica effettiva è marciume, purtroppo, e stento a salvare qualcuno.