L’Italia si accanisce coi cittadini e premia gli idoli e i potenti.
Le domande che ci si pone in Italia sono sempre le stesse, le questioni sono quindi annose e ormai noiose.
Ci si chiede per esempio, se un ministro inquisito debba o meno dimettersi o essere revocato, lo stesso dicasi per un governatore, sindaco o direttore di un ente. Ma la stessa domanda viene anche posta quando un calciatore, squalificato per quasi un anno, per una condotta a dir poco antisportiva, sia chiamato a rappresentare l’Italia agli europei il giorno dopo la fine della squalifica.
Sono domande morbose, tendenziose, equivoche, perchè va da sè, che non è opportuno che un sindaco, un ministro, un assessore in dubbio di legalità, debba continuare il suo mandato. Così come è scontato che un calciatore appena giudicato indegno di giocare per quasi un anno vesta subito la maglia azzurra. Qualche decennio orsono nessuno avrebbe battuto ciglio. Perchè, è bene chiarire, qui il principio di non colpevolezza non vale un corno e, se la giustizia ci mette una vita a portare a termine un processo non è detto che questo assolva o riabiliti, è un problema diverso.
Certo, è una vergogna che un processo duri fino alla prescrizione o poco prima, una vergogna e un danno immenso per l’imputato e per le parti lese, ma questo è un problema diverso, tutto ricadente nella responsabilità del sistema giustizia e quindi dei magistrati e dello stato, che, invece, per questi danni non sono neanche chiamati a risponderne in maniera chiara. A margine i risibili risarcimenti previsti, mai a carico dei magistrati, non accade mai nulla che serva ad accelerare la pachidermica e indifferente macchina della giustizia.
Quindi è lecito chiedere di essere amministrati o rappresentati da gente che sia e appaia cristallina, anzi dovremmo pretenderlo.
Come è lecito chiedere ai magistrati il conto di questo andazzo e, se esenti da responsabilità, chiedere allo Stato come intende ripagare una comunità autenticamente vessata da processi lumaca, seppur carissimi.
Ma gli italiani si dividono, da tifosi incalliti e a seconda della parte alla quale sentono di appartenere, invece di assumere una trasversale e univoca, eticamente, posizione.
La malattia del tifo ha ingenerato problemi di convivenza civile e di dialogo democratico. Sentire a parti di volta in volta invertite che il tal politico deve dimettersi è ormai non solo noioso ma sicuramente patetico, perchè la razionalità di un tifoso è naturalmente scarsa. Se riuscissimo a fare uno scatto in avanti e a pensarci non solo tifosi ma cittadini, sarebbe un’altra cosa.
Penso, per esempio, alla sinistra che, una volta, e a ragione, paladina della separazione delle carriere, ora sta a fianco di quella parte della magistratura che ostinatamente si oppone alla svolta di civiltà giudiziaria che rappresenta, appunto, la separazione totale delle carriere.
Ma Fagioli giocherà in nazionale, per il momento, unico, assieme ai politici, a dimostrare che un reinserimento vero nella società e nel mondo del lavoro, è davvero possibile. Cosa che in realtà è solo una ulteriore e mastodontica presa per il culo, perchè un cittadino normale che si imbatte nella giustizia è sistematicamente e in buona parte un uomo finito. Ma non frega niente a nessuno, perchè le sorti dei cittadini normali hanno come contorno solo l’indifferenza più totale. Altro che stato solidale. Pfui!
Felicitazioni, a tutti.
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *